Santità,

le scrivo da laico e da ateo. Da chi non prega, non si inginocchia, non cerca salvezza solo giustizia. Le scrivo fuori dai riti, dai dogmi, dai privilegi. E da questa distanza le chiedo una sola cosa: non rientri dentro. Dentro l’ovvio. Dentro il compromesso. Dentro il silenzio. Ha scelto un nome forte, Leone. Ora lo usi per ruggire non per custodire. Per spezzare non per mantenere. Non ci serve un Papa che benedice il potere, ci serve uno che lo faccia tremare.

Ha parlato di una “pace disarmata e disarmante”. Bene. Ma la pace non si invoca, si pretende. Si grida, si vive. Con il Vangelo in una mano e la concretezza nell’altra. Con la fede che consola e la rabbia che sveglia. Il mondo è schierato, e male. Con chi bombarda e poi si commuove, con chi sfrutta e poi si assolve, con chi chiude le frontiere e poi si dichiara cristiano. Se la Chiesa tace, o si rifugia nella prudenza, allora è complice.

Non sia il Papa di tutti, lo sono stati già troppi. Sia il Papa di chi non ha voce. Di chi viene respinto dalla legge, dalla morale, dai confini. Si ricordi dei bambini palestinesi sotto le macerie, non solo delle colombe in piazza. Dei migranti annegati, non dei potenti col crocifisso in tasca. Di chi lavora per fame, vive senza tetto, senza diritti, senza dignità. Faccia della Chiesa non un rifugio per i giusti, ma una casa per chi non entra da nessuna parte.

Non alimenti i muri, abbatta i cancelli. Vada incontro a chi nessuno vede: detenuti, profughi, “diversi”, ultimi. Il mondo si riarma mentre predica pace. Taglia i diritti mentre innalza le croci. E la Chiesa non può permettersi un pontificato di amministrazione. Non servono manager, servono profeti.

E uno l’abbiamo avuto, si chiamava Francesco. Ha parlato da solo, controvento. Ha lavato i piedi invece di baciare i troni. A lui va il rispetto di chi, come me, non crede ma ha creduto in lui. Ora tocca a lei. Non per conservarne il fuoco, ma per alimentarlo.

Sia un Papa contro. Contro la guerra mascherata da ordine. Contro il capitalismo che divora e poi elemosina. Contro chi predica sicurezza e costruisce ghetti, deporta esseri umani, criminalizza chi salva vite. E, se serve, sia contro anche la sua Chiesa.

Sia il Papa di chi è stanco, sfruttato, umiliato. Dei precari, dei migranti, dei popoli sotto le bombe. Di chi non ha Dio ma ha fame di giustizia. Non le chiedo benedizioni. Le chiedo coraggio. Il coraggio di non essere neutrale mentre il mondo brucia. Di non essere moderato mentre la vita degli ultimi viene fatta a pezzi.

Con passione civile, inquietudine etica e testarda lucidità di chi non crede, ma si ostina a sperare in un mondo migliore.