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“Il ministero chiederà di potersi costituire parte civile nei processi penali a carico dei responsabili per ottenere il risarcimento dei danni. Chi rovina una scuola deve pagare per rimetterla in sesto, non devono più pagare i cittadini”. E ancora: “Siamo davanti ad atti di mero teppismo, che nulla hanno a che vedere con la libera espressione delle opinioni e del dissenso e che compromettono anche il diritto di tutti gli altri studenti di poter studiare nella loro scuola".
Così, con un comunicato secco apparso ieri (20 dicembre) sul sito del ministero dell’Istruzione e del merito, va avanti lo show muscolare del ministro Valditara a cui evidentemente non basta prendersela con chi la pensa diversamente e lo esprime (vedi il provvedimento disciplinare nei confronti di Raimo fondato su un assai controverso codice di condotta dei dipendenti pubblici, e le querele contro Lagioia e Cavalli). In questo caso, a essere colpita è la protesta di studenti e studentesse, in piena coerenza con il ddl sicurezza che commina sanzioni penali severe per i blocchi stradali e le occupazioni abitative, vale a dire quelle forme di lotta sociale che uno Stato saldamente democratico non ha mai - anche nei momenti più bui della nostra storia repubblicana degli ultimi decenni - preso di mira con tanta virulenza.
La risposta degli studenti non si è naturalmente fatta attendere. "Assistiamo per l’ennesima volta a una delegittimazione istituzionale delle forme di protesta che gli studenti decidono di utilizzare all’interno dei loro spazi, dichiara Paolo Notarnicola, coordinatore nazionale della Rete degli studenti medi.
Per il quale “quest’ennesima notizia è in linea con un tentativo complessivo del governo Meloni di ridurre gli spazi di democrazia del nostro Paese, dal ddl sicurezza alla riforma della condotta. Valditara pensi ad investire in istruzione piuttosto che a criminalizzare gli studenti".
D’altra parte “disciplina e impresa” - con spazi sempre maggiori concessi alle aziende nelle scuole, persino nella predisposizione dei programmi nella filiera tecnico-professionale e nel liceo del made in Italy - fanno del titolare del dicastero probabilmente il ministro più solerte nel tradurre in pratica le linee ideologiche dell’esecutivo Meloni. Un mix di autoritarismo e liberismo che lo connota sin dagli inizi.
In maniera, per tornare al nostro caso, persino avventurosa. Nel citato comunicato si fa infatti in particolare riferimento a due casi romani, quello dei licei Virgilio e Gullace. Per il primo si parla di danni per 60 mila euro che però, come ha denunciato il collettivo degli studenti ricordando un dossier fotografico pubblicato addirittura in ottobre, sarebbero in larga imputabili (per 40 mila euro) non all’occupazione ma riferiti a danni strutturali. Peraltro studenti e studentesse si erano offerti per pulire e riordinare gli spazi dopo l’occupazione: proposta a cui però è seguito il silenzio.
Clamoroso poi il caso del Gullace. La scuola era stata occupata il 14 ottobre, un’occupazione frutto dell’esasperazione per la mancanza di aule - dovuta all’inagibilità dell’edificio principale dichiarata in estate - che costringeva studenti e lavoratori a doppi turni massacranti nella succursale. Ebbene il 18 ottobre a occupazione finita e scuola chiusa tre persone hanno appiccato quel fuoco che ha provocato i danni di due milioni di euro di cui si parla nella nota. I tre presunti colpevoli sono stati identificati, ma non apparterrebbero alla comunità scolastica. Con chi se la prenderà allora il ministero?
Se l’obiettivo è puramente come pare ideologico, probabilmente è sufficiente mostrare i muscoli. E del resto una vecchia volpe come Maurizio Gasparri non si è trattenuto dal commentare a caldo: “Un’azione esemplare, la legge e l’ordine vanno rispettati”, ha scritto in una nota il capogruppo di Forza Italia al Senato.
Ecco, se evochiamo una parola impegnativa come “rispetto”, allora forse quel rispetto andrebbe riconosciuto a studenti e studentesse del Gullace che sono costretti alla didattica a distanza perché non si riescono a trovare aule in numero sufficiente. A tanti mesi dalla fine del Covid e nonostante le parole che continuano a essere spese sul valore e l’importanza della scuola.
Parole ogni volta contraddette negli atti: a cominciare dalla legge di bilancio in cui per l’istruzione non c’è nulla, a parte uno stanziamento di 10 milioni di euro per gli psicologi a scuola: “Una battaglia storica degli studenti che finalmente dà i primi frutti, ma si tratta di briciole. Occorrono almeno 200 milioni, come rivendicato dagli studenti", commenta Gianluca Torelli, responsabile Politiche giovanili della Cgil.
D’altra parte nella Finanziaria, sottolinea Torelli, “la parola giovani compare solo 4 volte e solo quando si parla di droghe: è chiaro che l'esecutivo pensa ai giovani esclusivamente come a un problema”. Un problema da ignorare o, nel caso, da reprimere.